LAVORO

Cgil, 75% nuove assunzioni ma tutte a termine e stagionali

Cgil, 75% nuove assunzioni ma tutte a termine e stagionali

Le assunzioni a tempo determinato e quelle stagionali rappresentano quasi il 75% dei nuovi rapporti di lavoro: il dato emerge da uno studio della Fondazione Di Vittorio, che rielabora i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps.
Tra i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi domestici ed agricoli), si legge nel report, le assunzioni a tempo indeterminato nei primi 9 mesi di quest’anno (926 mila) sono inferiori non solo a quelle dei primi 9 mesi del 2015 (con una differenza di -443 mila, pari a -32,3%), ma anche a quelle dei corrispondenti periodi del 2014 (-65 mila, pari al -6,5%) e del 2013 (-85 mila, pari al -8,4%). Superano i 2,7 milioni le assunzioni a termine, con una variazione rispetto al 2015 di +91 mila unita’, di +154 mila rispetto al 2014 ed una ancora piu’ cospicua rispetto al 2013 (+325 mila). Le assunzioni di stagionali, nei primi 9 mesi del 2016 pari a 470 mila, sono inferiori di 37 mila unita’ al livello del 2015 e di 4 mila a quello del 2014.
Le assunzioni a termine e quelle stagionali rappresentano quasi il 75% dei nuovi rapporti di lavoro: un dato in crescita rispetto alle rilevazioni precedenti. Le assunzioni a tempo determinato, sottolinea la Cgil, riguardano rapporti di lavoro spesso di durata molto breve che, in molti casi, fanno capo ad uno stesso individuo nel periodo che viene osservato. Le assunzioni a termine generano quindi una quantita’ di lavoro ridotta: con riferimento al settore privato, nel 2015 il 35,4% dei contratti a tempo determinato aveva una fine prevista entro un mese, ed un altro 23,7% da 1 a 3 mesi. Le assunzioni in apprendistato (168 mila) crescono rispetto al 2015 (+29 mila), per la ritrovata convenienza economica della forma contrattuale, pur restando inferiori ai livelli del 2013-14. Anche le trasformazioni contrattuali in tempo indeterminato da contratti a termine (226 mila) sono in calo sia rispetto ai primi 9 mesi del 2015 (-118 mila, -34,4%) sia a quelli del 2014 (-39 mila, -14,4%) ed in misura piu’ consistente del 2013 (-106 mila, -31,9%). Le trasformazioni dall’apprendistato al tempo indeterminato (62 mila) sono in leggera flessione rispetto al 2015, con un guadagno invece rispetto al 2014 (+10 mila) ed anche rispetto al 2013 (+6 mila). La variazione netta (incluse le trasformazioni) del tempo indeterminato, pari a +47 mila unita’ nei primi 9 mesi 2016, si ridimensiona drasticamente rispetto alle +520 mila dei primi 9 mesi 2015 ed e’ anche nettamente inferiore al dato 2014 (+105 mila unita’) e a quello 2013 (+139 mila). Dal mese di giugno 2016, la variazione netta mensile e’ stata sempre negativa (a settembre -4 mila). Il saldo netto resta positivo grazie alle minori cessazioni, che scendono sotto 1 milione 200 mila unita’, -90 mila rispetto ai primi 9 mesi del 2015, -37 mila nei confronti del corrispondente periodo del 2014 e -92 mila rispetto a quello del 2013.
Nonostante il calo delle cessazioni, il saldo del tempo indeterminato non sarebbe rimasto in territorio positivo nei primi 9 mesi del 2016 senza il determinante apporto delle trasformazioni in tempo indeterminato. Senza di questi si sarebbe registrato – a differenza del 2015 – un saldo negativo. Il rallentamento dei flussi in uscita, dice la Cgil, puo’ spiegarsi in parte col migliore andamento di alcuni settori, ma non va dimenticata la durata triennale degli incentivi e, soprattutto, la forte diminuzione dei pensionamenti del FPLD. Escluse le pensioni ai superstiti, infatti, sono state liquidate nei primi tre trimestri 2016 circa 97 mila pensioni, contro le 137 mila del corrispondente periodo del 2015. Rispetto al primo semestre del 2015, sono 39,5 mila uscite in meno, un calo che ha contribuito alla tenuta complessiva del tempo indeterminato: senza tale contributo, il saldo occupazionale per l’anno in corso sarebbe stato appena di 8 mila unita’. Nei primi 9 mesi del 2016 si verifica una consistente espansione del lavoro a termine, che -incluso il lavoro stagionale- presenta una variazione netta di +462 mila unita’, contro meno di 180 mila del corrispondente periodo del 2015. Escludendo i rapporti di lavoro stagionali, il saldo e’ di +395 mila unita’, a fronte di valori nettamente inferiori nel triennio precedente. Prosegue il boom dei voucher: sempre nello stesso periodo sono stati acquistati in Italia quasi 110 milioni di voucher, quasi 4 volte il valore del 2013 e in aumento del 128% rispetto al 2014. Rispetto ai primi 9 mesi del 2015, la crescita e’ del +34,6%. Rapportando i dati all’orario contrattuale medio netto di un full-time nel settore privato, tale quantita’ e’ equivalente – secondo stime Cgil – a ben 86 mila persone impiegate a tempo pieno ogni mese. Si tratta con ogni probabilita’ di un dato sottostimato, poiche’, secondo un’opinione largamente diffusa, la parte di lavoro ufficialmente dichiarato con i voucher non copre che una parte del lavoro effettivamente svolto. Le aree geografiche meridionali, che utilizzavano relativamente meno lo strumento dei buonilavoro, hanno fatto registrare nel 2014-15 gli incrementi piu’ consistenti (oltre il +90%). Nei primi 9 mesi del 2016, le dinamiche tra le aree si avvicinano: gli incrementi sono compresi tra il +37,4% del Nord-Ovest ed il +31,1% del Nord-Est. L’area che acquista maggiormente i buoni-lavoro resta il Nord-Est, con circa un terzo dei buoni venduti a livello nazionale, seguita dal Nord-Ovest, con il 30,2%, poi dal Centro con il 18,2%, dal Sud con il 12,1% ed infine dalle Isole con il 6%.