Il Tribunale di Ragusa, sezione civile (presidente Salvatore Barracca, a latere Elisabetta Trimani e Alida Bracone) ha ordinato il cambio del sesso all’anagrafe ed ha autorizzato il “trattamento medico chirurgico per l’adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili”. Ma l’uno non e’ subordinato all’altro. In linea puramente teorica potrebbe solo cambiare nome e genere all’anagrafe senza poi diventare donna a tutti gli effetti. Nasce uomo ma e’ donna da sempre; Jill, nome di fantasia, oggi 27enne che vede accolte tutte le sue speranze ed aspettative. Il suo legale, l’avvocato Nunzio Citrella da atto al “Tribunale di Ragusa, di avere gestito la vicenda solo sotto l’aspetto giuridico. La valutazione e’ stata rigorosa e giuridica cosi’ come e’ stato rigoroso l’accertamento della irreversibilita’ della scelta di Jilla”. Anche recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione, della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo “dicono – aggiunge Citrella – che la psiche prevale sul corpo ed il riconoscimento nell’ordinamento, relativo alla sessualita’ non deve essere basato su un organo sessuale ma deve soppesare tutte le componenti dell’identita’ di genere”. Jill decide di parlare e lo fa perche’ la sua storia e la sua determinazione possano essere da esempio a chi, come lei e’ nata donna in un corpo maschile. “Le porte ci sono, possono essere spalancate, ci sono le sensibilita’ e le leggi”. E’ raggiante, stretta in un giubbino violetto; l’unico vezzo, le unghie curatissime ed un foulard. “Non ho bisogno di apparire, io sono cosi'”, dice non nascondendo un certo fastidio nei confronti di chi ostenta ‘eccessi’ di femminilita’. “Ho una armatura bellissima, l’ho creata dal nulla, l’ho chiamata donna, perche’ donna ero, sono e sarò”. Ora la strada diventa una discesa: “Indipendentemente dai documenti, io voglio anche diventare donna a tutti gli effetti – dice Jill – . Come sono? Dolce, schietta, nevrotica, insomma, donna, ce le ho tutte! Ma mi guardo allo specchio ed ancora manca qualcosa. Mi sono privata di molte cose, ora voglio iniziare a farle”. Quali cose? “Ho preso la patente ma non guidavo la macchina: non avrei accettato un ‘signorina documenti’ per poi essere chiamata con un nome maschile che non riconosco; ho sempre avuto la passione del ballo ma non avrei sopportato uno sguardo di troppo in quella parte del mio corpo che non accetto perche’ non corrisponde alla mia sessualita’ interiore; mi sono privata del lavoro ma oggi il futuro lo vedo rosa – dice ridendo -, con una occupazione e un cartellino che mi indichi per quella che sono. E’ una scelta non dire il mio nome perche’ questa sentenza non vuole essere un caso ma una chiave per chi e’ in difficolta’. Io ho lottato ma non tutti hanno la forza di farlo, qualche volta serve una iniezione di fiducia. Le leggi ci sono, lottate”. Jill e’ stata fortunata, la famiglia sempre accanto: mamma, papa’ e sorella, tanto vicini che proprio mamma e papa’ sono andati in Tribunale a testimoniare il percorso della figlia. “Io mi sento forte, ma non e’ stato sempre facile; ricordo come fosse oggi, a scuola, quando un professore disse ‘dividetevi in due gruppi, maschi e femmine’. Ecco restai nel mezzo perche’ volevo andare nel gruppo delle femmine. Ho lottato anche contro il bullismo fino a quando non feci una scena madre in classe: ‘sono donna e dovete rispettarmi per questo’. Ecco sono una donna a cui piacciono gli uomini, punto. Sono un eterosessuale da sempre. Oggi ho lottato e vinto da sola, perche’ in fondo, anche se la famiglia ti sta accanto, la battaglia e’ profondamente tua, sei tu che esci da casa e affronti il mondo. Io ho vinto”.