operazione "Araba Fenice"

Pachino, l’ombra della mafia sul mercato ortofrutticolo: duro colpo al clan Giuliano con 19 arresti. VIDEO

Pachino, l'ombra della mafia sul mercato ortofrutticolo: duro colpo al clan Giuliano con 19 arresti. In manette anche il capoclan. VIDEO

Duro colpo al clan Giuliano da parte della Polizia di Stato, che questa mattina ha eseguito 19 misure cautelari emesse dal gip del tribunale di Catania per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni, traffico di stupefacenti, furti in abitazioni e aziende agricole.
Le indagini svolte dalla Squadra Mobile di Siracusa, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Catania, avrebbero documentato, nel periodo che va da maggio 2015 a maggio 2017, l’azione, nella zona sud della provincia aretusea, del gruppo Giuliano, con a capo Salvatore Giuliano, che “servendosi della forza di intimidazione avrebbe condizionato le attività economiche della zona, traendone indebiti vantaggi”.
Giuliano, coadiuvato dai suoi fedelissimi Giuseppe Vizzini e i fratelli Aprile, avrebbe acquisito il monopolio nella produzione e nello smistamento dei prodotti ortofrutticoli coltivati nelle tante serre presenti in quei territori, grazie ai legami vantati con il clan catanese Cappello e al patto di non belligeranza siglato con i Trigila.
Il clan ha dato vita a un’attività imprenditoriale, “La Fenice s.r.l.”, che si occupa all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli, le cui quote erano ripartite al 50% tra Gabriele Giuliano, figlio di Salvatore, e Simone Vizzini , figlio di Giuseppe. Il magazzino dell’azienda era il quartier generale del clan, dove si tenevano le riunioni e incontri come emerso dalle tante conversazioni intercettate. Peraltro in realtà la titolarità delle quote sociali intestate a Gabriele Giuliano e a Simone Vizzini era solo di facciata e finalizzata a mettere nel mani del capoclan la gestione e il controllo del mercato ortofrutticolo. Per questo Salvatore e Gabriele Giuliano e Simone Vizzini sono anche indiziati di trasferimento fraudolento di valori, aggravato dal fine di agevolare l’associazione mafiosa.
La “Fenice”, secondo quanto sostenuto dagli investigatori, non operava secondo le regole del libero mercato, ma ricorreva ad intimidazioni verso gli altri operatori, costringendoli a versare il loro raccolto nei magazzini della “Fenice” in modo da ottenere il pagamento di una somma di denaro come corrispettivo dell’attività di mediazione per la successiva vendita della merce agli operatori della grande distribuzione. Allo stesso modo, anche i commercianti che intendevano acquistare i prodotti coltivati nelle serre di Pachino, dovevano trattare con Giuliano.
Da qui la pretesa del pagamento di una “provvigione”, calcolata in percentuale del raccolto prodotto e ceduto agli operatori della piccola e grande distribuzione. I fratelli Aprile rappresentavano il braccio armato del clan, che Salvatore Giuliano guidava per far sentire la pressione del clan agli operatori del settore.
Ma le attività illecite del sodalizio non si limitavano al condizionamento illecito del mercato ortofrutticolo: colpito anche il settore dei parcheggi a pagamento, situati a ridosso delle zone balneari dove venivano collocati uomini fidati, o ai quali si imponeva il pagamento di somme di denaro a coloro che li gestivano. Contestata anche la commissione di furti di macchinari agricoli, specificatamente trattori e mezzi per la lavorazione della terra, che venivano asportati alle aziende agricole di Noto, Rosolini e Palazzolo Acreide e I’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti composta da Salvatore Cannavò, Massimo Caccamo e Antonio Arangio, che facevano arrivare a Pachino ingenti quantitativi di cocaina per immetterli sul mercato.
Nell’operazione è coinvolto anche un poliziotto in servizio al Commissariato di Pachino, Nunzio Agatino Lorenzo Scalisi, che insieme a Salvatore Giuliano avrebbe messo in atto condotte estorsive, aggravate dal metodo mafioso, ai danni dei proprietari dell’abitazione presa in affitto da Scalisi ai quali il poliziotto doveva 3 canoni di locazione.
il Gip ha, inoltre, disposto il sequestro preventivo delle quote sociali e dell’intero patrimonio aziendale de “ La Fenice s.r.L.”

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