Circa 4 anni fa la scoperta della malattia, atassia spinocerebbellare, che lo costringe a letto, tracheostomizzato, a respirare attraverso l’ausilio di un ventilatore meccanico, senza possibilità di terapia ma solo cure che consentono almeno di alleviare i sintomi. Una malattia che nell’ultimo anno è peggiorata tanto da dover attivare dal 7 ottobre 2019 l’assistenza infermieristica h24. Questa è la condizione di un 56enne di Avola e della sua famiglia che lo assiste amorevolmente.
Accade, però, che il 30 settembre scorso la moglie del 56enne riceve la telefonata del Distretto sanitario di Noto che gli comunica, a partire dal giorno dopo, la riduzione dell’assistenza infermieristica a 60 ore settimanali (10 ore al giorno) e in alternativa propone il ricovero in Rsa. Inutile dire che la comunicazione getta la famiglia dell’uomo nel panico: viene rifiutata immediatamente la possibilità del ricovero in Rsa e rimane il problema pratico di coprire le ore notturne per assistere il 56enne.
“Portare mio padre in Rsa e strapparlo alla vicinanza della famiglia – ci dice con dolore la figlia Giorgia D’Amico – sarebbe disumano. Noi non ci arrendiamo e faremo di tutto perché sia riconosciuto il diritto all’assistenza h24 e il diritto alla tutela della salute sancito dalla costituzione”.
Da qui la decisione di rivolgersi ad un legale che ha già attivato il ricorso 700 d’urgenza per ottenere al più presto il ripristino dell’assistenza.
“Innanzitutto – ci dice l’avvocato Michele Mascellari – il provvedimento di interruzione è stato deciso senza che sia stata preventivamente attivata l’unità di valutazione e questo nonostante solo qualche mese prima, a luglio 2020, la precedente unità di valutazione aveva, invece, confermato la necessità dell’assistenza h24. La famiglia reclama un diritto che le spetta e per ottenerlo percorrerà tutte le strade possibili, anche il ricorso in Procura”.