Il fatto: un giornalista in una scuola – l’Istituto “Majorana” – di Avola parla di mafia ai ragazzini, racconta nomi e cognomi. Parla di cultura della legalità, necessariamente in contrapposizione all’omertà. E che succede? Anche i parenti dei boss mafiosi – citati agli alunni – vogliono raccontare la loro, appellandosi al diritto di replica.
Non è un film, è accaduto davvero, ed è accaduto il mese scorso, proprio nella provincia di Siracusa.
L’uomo, tanto coraggioso, è Paolo Borrometi: giornalista siciliano che con le sue inchieste ha portato alla luce fatti criminali di famiglie mafiose, consegnando qualcuno di loro alle forze di Polizia. Di origine ragusana, vive da anni sotto scorta a Roma. “La mafia qui non esiste” – dicevano i suoi superiori nelle redazioni giornalistiche in Sicilia, e invece lui l’ha scoperta, capita e raccontata.
“Gia’ durante la manifestazione, – racconta lo stesso Borrometi – un familiare del Crapula aveva fatto capolino davanti alla scuola. E, nel pomeriggio, un ragazzo si era recato nel plesso scolastico per intimare al personale scolastico di consegnare il video della conferenza”.
Il giorno dopo Borrometi ha ricevuto pesanti minacce di morte, che non ha esitato a denunciare ai Carabinieri.
“Pochi giorni dopo la conferenza, – spiega – l’avvocato della famiglia Crapula, nell’interesse dei figli del boss Michele Crapula, ha chiesto all’istituto scolastico di poter acquisire il video dell’evento e, soprattutto, di poter organizzare nella medesima scuola un convegno che prevedesse la partecipazione degli stessi congiunti del capomafia, per esercitare il “diritto di replica” e spiegare le ragioni per cui “il loro caro” delinque, oltre a tentare di screditare le mie parole”.
LE SENSAZIONI DI CHI VIVE SOTTO SCORTA DOPO AVER DENUNCIATO
“Ricordo con immenso piacere – dichiara a Siracusa Post il giornalista – quei 5 minuti ininterrotti di applausi, gli occhi lucidi, le domande e la voglia di quei 500 ragazzi di sapere cosa accade nel proprio territorio. Ho solo cercato di riassumere le mie inchieste, facendo nomi e cognomi.
Non mi farò intimidire e neanche fermare, si va avanti ancora una volta ma spero che Avola abbia un sussulto: Avola non sono i Crapula e neanche gli altri mafiosi. Avola sono i ragazzi e le ragazze di quelle scuola, sono tutte le cittadine ed i cittadini liberi. Noi, come giornalisti, dobbiamo raccontare ciò che non va ma i cittadini di Avola devono respingere il puzzo del compromesso con i mafiosi, – conclude – respingendo il silenzio”.
L’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE DEL M5S
In seguito a questa vicenda, il Movimento 5 Stelle ha chiesto un’interrogazione parlamentare.
“Quanto sta accadendo nella zona meridionale della provincia di Siracusa ed in particolare ad Avola e’ gravissimo. Appare come un territorio fuori controllo, in cui, addirittura, i familiari di un capomafia condannato, Michele Crapula, chiedono ad una scuola la registrazione video-audio di una conferenza ed il diritto di replica per spiegare agli studenti le motivazioni per cui il proprio padre delinque. Una minaccia per la scuola che fa seguito alle pesanti minacce di morte denunciate dal giornalista Paolo Borrometi”. E’ quanto scrivono nell’interrogazione indirizzata ai ministri dell’Interno, Marco Minniti, e dell’Istruzione, Valeria Fedeli, i senatori del Movimento 5 Stelle (con primo firmatario Mario Michele Giarrusso, componente delle Commissioni Antimafia e Giustizia). Il Movimento 5 Stelle, con l’interrogazione urgente, chiede quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati affinche’ siano favorite iniziative ispirate ai valori della legalita’, venga evitato che i familiari del capo mafia Michele Crapula possano confrontarsi con gli studenti, in un intollerabile par condicio fra mafia e antimafia”.
CHI E’ MICHELE CRAPULA
“Michele Crapula – spiegano nell’interrogazione i senatori del M5S – e’ un boss affiliato all’associazione mafiosa “Cosa nostra” (in particolare al clan “Trigila”) e condannato per diversi reati, fra i quali associazione di tipo mafioso (art. 416-bis, codice penale); in particolare il Crapula ha rivestito il ruolo di reggente e di capo del clan al quale appartiene e per tali motivazioni il boss e’ stato condannato ed e’ attualmente detenuto. Di recente, il clan Trigila ed i boss affiliati sono saliti alla “ribalta” nazionale grazie ad alcune inchieste condotte dal giornalista Paolo Borrometi e pubblicate dalla testata giornalistica “La Spia”, dall’agenzia di stampa “Agi”, nonche’ riprese da alcuni organi di informazione nazionali.
La famiglia Crapula continua, per il tramite di alcuni familiari del boss, ad esercitare interessi economici e mafiosi in citta’, ad iniziare dal settore delle Agenzie funebri”.
