5 gennaio 1984, Giuseppe Fava veniva ucciso dalla mafia. Sono passati 32 anni da allora, lunghi anni di inchieste e verità, finalmente emerse. Era uno scrittore, giornalista, drammaturgo, saggista e molto di più. Fava è passato alla storia come il simbolo dell’antimafia, soprattutto in campo giornalistico.
Direttore del Giornale del Sud, iniziò prestissimo a denunciare gli affari di Cosa Nostra, ma l’esperienza fu breve perchè Fava fu stroncato dai nuovi editori che, immischiati col clan Santapaola di Catania, lo licenziarono presto. Ma quando si ha forza e coraggio non è possibile fermare la passione che fa salire l’adrenalina e tremare i muscoli della pancia. E’ come sentire un uragano nello stomaco, e questo vortice è inarrestabile. Così era la voce cruda e sincera di Fava, il quale, armato solo di senso di giustizia fondò un giornale suo “I Siciliani”. Usciva mensilmente e raccontava il vero territorio siciliano. In molti cercarono di acquistare la rivista, tra loro anche uno degli editori del Giornale del Sud. L’obiettivo era evidente: manipolare l’informazione per mettere a tacere la verità.
Ma Fava rifiutò e il giornale rimase sempre indipendente. Cosa nostra lo uccise 33 anni fa. Ma noi non l’abbiamo mai dimenticato. La Sicilia continua a essere un territorio complicato e ambiguo. A volte il silenzio urla. Fava l’hanno ucciso, ma le idee non muoiono.
Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili. pretende il funzionamento dei servizi sociali. Tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo