Non c’è davvero pace per un 56enne di Avola il cui diritto alla salute e alle cure viene ancora una volta calpestato.
La prima volta che abbiamo raccontato la sua storia, a metà ottobre, la questione riguardava la riduzione dell’assistenza domiciliare infermieristica da 24 ore al giorno, come era stato fino alla fine di settembre, a non oltre 62 ore settimanali (10 al giorno). E questo nonostante le condizioni di salute del 56enne fossero le medesime dell’anno prima, vale a dire quelle di un uomo affetto da atassia spinocerebbellare, costretto a letto, tracheostomizzato, che respira attraverso l’ausilio di un ventilatore meccanico, senza possibilità di terapia ma solo di cure che consentono almeno di alleviare i sintomi.
Una decisione, quella del Distretto di Noto, contro la quale la famiglia attraverso il proprio legale ha già presentato ricorso d’urgenza.
Adesso arriva la seconda mazzata: da lunedì scorso, infatti, non viene garantita neanche l’assistenza di 10 ore al giorno. E’ ancora una volta la figlia, Giorgia D’Amico a denunciare quello che sta accadendo: “Da quello che sappiamo – ci dice – la cooperativa non sarebbe in grado di assicurare il servizio perché sarebbe rimasta con una sola infermiera, perché le altre avrebbero risposto alla chiamata dell’Asp per la ricerca di personale per gestire l’emergenza covid. Intanto le ore di assistenza a mio padre – continua Giorgia – si sono via via ridotte (da 10 a 8 e da 8 a 6) e noi siamo veramente in grandi difficoltà. Il Distretto è stato messo a conoscenza della situazione e anche in questo caso siamo pronti a interessare la Procura”.
C’è tanta rabbia e dolore nelle parole di Giorgia, una giovane che non è disposta ad arrendersi: “Si sono arrogati il diritto di confinare mio padre ad una voce di bilancio e, in un’ottica esclusivamente economica, scegliere cosa fosse giusto per lui. Si sono arrogati il diritto di calpestare la dignità di mio padre violando un diritto costituzionalmente garantito qual è quello alla salute”.
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