La speranza che non c’è.
L’abbiamo cercata per tutto il libro, la speranza o qualcosa che le somigliasse, ma non l’abbiamo trovata.
Non salva nessuno Bruno Formosa nel suo L’INCASTRO (Ycama Editore). Forse Camillo esce bene dall’intreccio di queste micro storie, tutte da leggere, da scoprire, che lo vedono coprotagonista, insieme ad altri personaggi, fra realtà e finzione, fra ironia e cinismo, fra pulp-story e vicende vissute in una realtà di provincia.
Non mancano, anzi abbondano le scene di incontri sessuali con contorni ben definiti e ben descritti. Un solo passaggio, per più pagine, è dedicato all’innamoramento con tutti i suoi giochi di pensieri, rimandi, aspettative, attese. Formosa tratta l’argomento in maniera dolce, con sentimenti pudichi, con timidezza, quasi con la paura di far cadere questo sentimento e il suo mondo (l’innamoramento) da un sentiero di bellezza da coltivare alle crude realtà vissuta dai suoi stessi protagonisti. Non c’è traccia, invece, della parola amore come sentimento duraturo e fondante un rapporto di coppia. Il libro scorre veloce e piacevole. A volte senti il bisogno di tornare indietro di qualche pagina per poter fissare con maggiore linearità il profilo psicologico di qualche protagonista. Poi l’autore ha giocato una partita doppia con il termine “incastro”. Per un verso, in un modo o nell’altro, le vite dei protagonisti si intrecciano, si incastrano, appunto, fra esse, dall’altro, in una scena clou del racconto, “l’incastro” si verifica in una scena di sesso che rappresenta il coupe de theatre dell’intera vicenda narrata, specialmente per il suo drammatico e violento epilogo e per la rarità dell’atto in racconti di storie di sesso.
I personaggi incastonati nella loro vita reale escono malconci, battuti dal piccolo gioco meschino della loro vita, nella cruda realtà di provincia, che Formosa fa loro vivere. Politici, poliziotti, tirapiedi, professionisti a vario titolo, giovani donne belle e procaci, mogli attempate, ma focose e attraenti, non si salva nessuno dalla penna tagliente dell’autore se non per sfociare in quei tratti della personalità che si mischiano con la maschera dell’ironia o nella risata.
Carmelo, Matilde, Lucrezia, Scassarini inframezzano L’INCASTRO facendoci sorridere perché rappresentano immagini e flash di memorie che ad ogni lettore non sarà difficile andare a scovare nell’ambito della propria esperienza di lavoro o in altri momenti della vita. Da consumatissimo esperto di musica, l’autore non poteva scendere di livello. Questa, la musica, domina sovrana la lettura ed appena può si insinua nella mente del lettore quasi a farsi percepire realmente. Bella la copertina di Sesto Mammana.
Salvatore Spallina