Sono il presente, il futuro, la speranza. Solo loro, i giovani che ancora si interessano del Paese, delle politiche scolastiche e che guardano con occhio critico il tutto quello che li circonda. Sono sempre loro, con i loro volti freschi, con la loro grinta, i sorrisi e la rabbia allo stato puro che questa mattina si sono dati appuntamento alle 8.30 in Viale A. Diaz sull’urlo “Cambiamo La Scuola per Cambiare il Paese!”.
Chiedono una scuola che sia un luogo di aggregazione sociale e culturale, si vogliono cimentare concretamente in progetti di alternanza scuola-lavoro (con tutti i diritti del caso che dovrebbero essere garantiti), e sognano il mondo del lavoro fatto di più certezze e meno precariato.
Sulla pagina della Rete degli Studenti Medi di Siracusa un lungo post, come una voce che chiede di essere ascoltata.
“Siamo studentesse e studenti di questo Paese, siamo la generazione del tutto e subito, la generazione che non vive più la scuola come un luogo di apprendimento e di aggregazione ma come un passaggio obbligato, perché il bel Paese non investe sulla formazione e sull’istruzione come principale motore di cambiamento e sviluppo.
La scuola del tutto e subito prende ma non dà: spendiamo moltissimi soldi per gli abbonamenti degli autobus, per i libri di testo, per il contributo “volontario”, per andare in gita, a volte addirittura per pagare i costi dell’alternanza scuola – lavoro. Quest’ultima, spesso utilizzata come strumento di lavoro gratuito, senza diritti e garanzie di apprendimento. Ci raccontano il mondo del lavoro non per quello che dovrebbe essere ma per quello che purtroppo è: sfruttamento, precarietà.
Siamo convinti, al contrario, che la scuola debba tornare ad assumere come prioritaria la sua funzione di ascensore sociale, costruendo una società che non si fondi sulla povertà e sull’immobilismo ma che garantisca a tutte e tutti di raggiungere i più alti livelli d’istruzione e di perseguire i propri sogni e le proprie ambizioni, a prescindere dalle condizioni economiche di partenza.
Come costruiamo cambiamento se non partendo dalla scuola? Rimasto purtroppo l’ultimo luogo di massa, perché all’università ci arrivano in pochi, ma comunque afflitto dalla piaga della dispersione scolastica. Vogliamo rivoluzionare la scuola, ripensarla a misura di studente: vogliamo acquisire competenze, non vogliamo pensare che una ricerca sul web possa sostituire un’ora di italiano, ma vogliamo una scuola che si adatti al cambiamento e sappia interpretarlo, vogliamo essere stimolati, e vogliamo che tutti, a prescindere dalla condizione economica possano permettersi di andare a scuola. Vogliamo conoscere per scegliere il nostro percorso formativo, ma vogliamo poter studiare quello che più ci interessa: vogliamo il sapere libero e senza barriere, in un Paese dove il numero di laureati è basso rispetto alla media europea, la risposta non può essere il numero chiuso. Vogliamo che la scuola sia luogo di integrazione, dove provare a dare risposte culturali alle emergenze sociali del nostro Paese, a partire dal rispetto delle diversità: di cultura, genere, identità di genere, paese di provenienza, orientamento sessuale.
Dalla scuola al Paese: costruiamo il cambiamento. Ora tocca a noi!”