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Suoli contaminati a Priolo, si tratta del 18%: avviate le bonifiche

Suoli contaminati a Priolo, si tratta del 18%: avviate le bonifiche

Si è svolta questa mattina, nella sede di Confindustria di Siracusa, la tavola rotonda sul tema delle bonifiche del SIN di Priolo. A fare chiarezza sui dati relativi ai suoli contaminati dell’Area SIN di Priolo il dr. Marcello Farina, coordinatore del settore Bonifiche dell’ARPA di Siracusa. Nella sua relazione ha spiegato che l’area SIN di Priolo attualmente ha una estensione di 5.814 ettari: di questi, 2134 ettari (il 37%) ricadono nella zona industriale e tutti sono stati caratterizzati. Dalle attività fatte dalle aziende della zona industriale risulta che 1740 ettari di aree non sono contaminate (l’82%), contro 394 ettari di aree che risultano contaminate (18%). Per 267 ettari contaminati sono stati avviati gli iter dei progetti di bonifica da parte delle aziende (68%), mentre per i restanti 127 ettari sono in corso, da parte del MinAmbiente, necessari approfondimenti tecnici sulla natura della contaminazione. Per quanto riguarda le rimanenti aree di 3054 ettari di prevalente proprietà pubblica, la caratterizzazione è stata di 624 ettari per i quali sono in corso gli iter dei progetti di bonifica (20%).
Farina ha spiegato che diventa essenziale che si proceda quanto prima alla caratterizzazione dei suoli rimanenti di parte pubblica, anche allo scopo di delimitare correttamente l’area SIN che oggi appare sovra-dimensionata alla luce delle indagini già effettuate. Questo processo è ritenuto fondamentale per raggiungere l’obiettivo di avviare progetti di sviluppo compatibile nelle costituende zone economiche speciali (ZES).

L’Ing. Angelo Grasso di Esso Italiana ha illustrato le attività pubbliche già poste in essere per definire lo stato attuale della Rada di Augusta, sottolineando come già nel 2009 i tecnici della Procura di Siracusa abbiano prospettato una soluzione sostenibile nel tempo che prevede il dragaggio dei soli sedimenti ancora “attivi” (circa 1 milione di metri cubi) situati in un’area di 70 ettari prospicente il Vallone della Neve. Per tutto il resto della Rada, stante la cessazione delle immissioni da oltre 25 anni e una velocità di sedimentazione stimata nell’ordine di 1 cm/anno si è potuto verificare che il nuovo sedimento ha sotterrato il vecchio in strati sempre più profondi (sediment burial) e lo ha ormai spinto fuori dall’ecosistema acquatico. I tecnici della Procura raccomandano, quindi, come soluzione tecnica più sostenibile (accettata dalle principali Agenzie Internazionali) il Monitored Natural Recovery (MNR), che controlla nel tempo la condizione di sicurezza “naturale” acquisita dal sedimento permettendo di confermare nel tempo il traguardo di un avvicinamento della Rada alla sua naturalità originaria.