Quello degli Shakalab è un gruppo musicale di origini palermitane, appartenente alla generazione dei Sud sound sistem, dei 99 Posse e di tutte quelle band che da qualche lustro producono canzoni di protesta politica e sociale a ritmo di Hip-hop, Reggae, Raggamuffin, Dub. Uno dei loro successi più popolari è una canzone che alla sua uscita suscitò non poche polemiche fra i potentati della politica di allora che, come ben si sa, governavano quali luminosi detentori di adamantina natura. Era l’epoca d’oro del berlusconismo, delle olgettine, di Ruby e di una serie di ministri e sottosegretari che avrebbero dimostrato, senza alcuna economia, il loro talento.
“Chista è la Repubblica di li banani, ca’ cumannanu magnacci e bbuttani” rende vagamente l’idea del criptico messaggio sotteso al testo, ma è con il passo “…si parla sulu di modelli e velini, e li ministri facianu li ballerini, tra bunga-bunga, feste, coca e poxxini, l’Italia affunna pi curpa di sti cretini” che le coltri di mistero circa la morale contenuta, si scostano ulteriormente.
Nonostante il brano sia ormai vecchiotto, appartiene di diritto alla lista degli evergreen data la sua capacità di attagliarsi perfettamente a qualunque ciclo dell’italica storia. La prima, la seconda, la terza Repubblica si sentono chiamate in causa, e ciò spiegherebbe la misteriosa assenza del gruppo palermitano dagli stages televisivi nazionali, nonostante i successi che gli Shakalab mietono nei loro concerti dal vivo e nella vendita dei dischi.
Una Repubblica delle banane che si rispetti, come ci insegna la musica, non può esimersi dalla ben rodata pratica di mistificazione della Storia oppure – meglio ancora – dalla sua mancata conoscenza. Sono due gli episodi che negli ultimi giorni hanno sedotto i nostalgici italiani; ormai noto quello dei sampietrini dorati cavati da una strada della capitale. In ciascuna di quelle pietre era inciso il nome di una vittima romana dello sterminio nazifascista. Il fascicolo della Procura è stato aperto con la dicitura “Furto aggravato dall’odio razziale” a carico di ignoti, anche se le indagini starebbero orientandosi verso la possibilità che si tratti di una bravata di alcuni balordi che non erano a conoscenza del significato di quelle pietre. Se così fosse, la gravità dell’episodio non si ridurrebbe certamente, farebbe emergere piuttosto un dato altrettanto allarmante: la scuola, gli educatori laici e non, i genitori, non sanno o non vogliono trasmettere i valori della memoria e del rispetto.
Piacerebbe a molti di noi avere di fronte questi giovani cavatori di pietre per chiedere loro: che cosa, esattamente, vi sfugge dell’epocale tragedia legata al nazifascismo? Cosa non avete appreso dai libri, dai film, dalle canzoni, persino dalle fiction che sono state prodotte sull’argomento? In cosa era impegnata la vostra attenzione mentre guardavate in televisione le immagini originali di quei primi e maledetti anni ’40, dei piccoli corpi senza vita accatastati sulla neve, delle casse toraciche che sporgevano dai busti dei deportati, in piedi dietro una recinzione elettrificata. Cosa non vi è chiaro circa lo sterminio di oltre sei milioni di esseri umani fucilati, gassificati, sgozzati, stuprati, uccisi nei campi di sterminio per via della loro origine ebraica, della loro disabilità, della loro omosessualità?
Meno nota è la notizia del maestro pastoraio napoletano che ha pensato di modellare una miniatura di Hitler con il braccio teso, posizionandola nel presepe esposto nel suo laboratorio fra il pastorello, i re magi, il bue e l’asinello, e poi Icardi, Insigne, Valentino Rossi e l’immancabile Maradona.
(Il fatto che queste righe abbiano preso spunto dagli avvenimenti di Roma e Napoli, non vuol certamente dire che passino in secondo piano i genocidi comunisti di Pol Pot in Cambogia e Stalin in Urss, o quelli in Cina, Congo e Ruanda, in Australia a danno degli aborigeni, nella ex Jugoslavia, nelle guerre di religione… un elenco tragicamente lungo. La contrapposizione non è fra nazifascismo e comunismo, ma fra democrazia e dittatura.)
C’è chi si chiede se il moltiplicarsi di episodi di questo tipo, e di natura ben più violenta, abbiano a che fare con la deriva sociale nell’Italia degli ultimi mesi. Quella signora con le sembianze trichechiche, affascinante come una persiana di alluminio anodizzato, che sganasciandosi ostentava la maglietta “Auschwitzland” durante una manifestazione neofascista, rappresenta un elemento sintomatico della distanza che una cospicua fetta del paese sta ponendo fra sé e la Storia.
E’ stato necessario l’inserimento di una voce ad hoc nel regolamento dei campi di concentramento aperti al pubblico, per stabilire l’assoluto divieto di scattare selfie sorridenti all’interno delle strutture. Dachau come gli studi del Grande fratello, ed il complesso monumentale di Buchenwald come Trinità dei monti. Anche questa va connotata come una delle più grandi sconfitte dell’umanità.
Articolo di BRUNO FORMOSA