Domanda
Sono il presidente di una associazione sportiva. Fino ad ora ho rilasciato la tessera a chiunque me l’ha chiesta. Posso rifiutarla ad una persona che a noi non piace? Camillo T.
Risposta .
Sono il presidente di una associazione sportiva. Fino ad ora ho rilasciato la tessera a chiunque me l’ha chiesta. Posso rifiutarla ad una persona che a noi non piace? Camillo T.
Risposta .
La perplessità del lettore è dovuta alla prassi, da lui sempre seguita, di ammettere chiunque chiede di diventare socio della associazione che dirige. Così ha maturato il convincimento interiore che l’ammissione sia un diritto di chiunque.
Il signor Camillo, però, ha un caso che sente diverso; sente che il nuovo richiedente “non piace” agli altri soci e vorrebbe rifiutare la richiesta di ammissione ma, allo stesso tempo, sa di non poter violare la legge e quindi il diritto di qualcuno ad essere ammesso, così come sempre è avvenuto.
Posso tranquillizzare il Presidente sig. Camillo, dicendogli che può tranquillamente rifiutare, sussistendo buone motivazioni, la richiesta.
Non viola la legge ma la sta applicando correttamente. L’associazione, infatti, è un contratto tra più persone che si riuniscono insieme per dare vita ad un organismo. Quando a questo contratto, dopo la costituzione iniziale, volesse partecipare un nuovo soggetto, si parla di richiesta di adesione.
Quindi la richiesta non è altro che la volontà di un soggetto che aspira a far parte del contratto .
Ogni contratto si caratterizza per l’incontro delle volontà.
Questo punto è fondamentale: l’incontro delle volontà, per la nostra legge, deve essere libero.
Non può esistere una norma che imponga di accettare.
Pertanto, l’adesione si perfeziona con l’incontro della volontà, ossia richiesta e accettazione. L’accettazione non può mai essere obbligatoria e può aversi il “rigetto”.
Ovviamente bisogna avere attenzione anche alle clausole dello Statuto. Lo Statuto prevede quali siano i requisiti per l’ammissione. Chi ha i requisiti si aspetta di essere ammesso.
Tuttavia, sussistono motivazioni generali
che possono essere poste a base del rifiuto quali, ad esempio, quelle che possono portare alla esclusione
di un soggetto gia’ socio.
Si pensi, ad esempio, al caso di un socio litigioso che fomenti discordia e malcontento tra gli altri soci oppure che abbia agito in aperta opposizione agli interessi della associazione stessa, danneggiandola. Qualora tali comportamenti (divisivi) si fossero già manifestati ancor prima di far parte ufficiale (come accade con un periodo di prova bonaria preventiva) , tali atteggiamenti anti associativi ben possono essere presi quali giuste motivazioni poste alla base di un provvedimento di rigetto.
Il signor Camillo, però, ha un caso che sente diverso; sente che il nuovo richiedente “non piace” agli altri soci e vorrebbe rifiutare la richiesta di ammissione ma, allo stesso tempo, sa di non poter violare la legge e quindi il diritto di qualcuno ad essere ammesso, così come sempre è avvenuto.
Posso tranquillizzare il Presidente sig. Camillo, dicendogli che può tranquillamente rifiutare, sussistendo buone motivazioni, la richiesta.
Non viola la legge ma la sta applicando correttamente. L’associazione, infatti, è un contratto tra più persone che si riuniscono insieme per dare vita ad un organismo. Quando a questo contratto, dopo la costituzione iniziale, volesse partecipare un nuovo soggetto, si parla di richiesta di adesione.
Quindi la richiesta non è altro che la volontà di un soggetto che aspira a far parte del contratto .
Ogni contratto si caratterizza per l’incontro delle volontà.
Questo punto è fondamentale: l’incontro delle volontà, per la nostra legge, deve essere libero.
Non può esistere una norma che imponga di accettare.
Pertanto, l’adesione si perfeziona con l’incontro della volontà, ossia richiesta e accettazione. L’accettazione non può mai essere obbligatoria e può aversi il “rigetto”.
Ovviamente bisogna avere attenzione anche alle clausole dello Statuto. Lo Statuto prevede quali siano i requisiti per l’ammissione. Chi ha i requisiti si aspetta di essere ammesso.
Tuttavia, sussistono motivazioni generali
che possono essere poste a base del rifiuto quali, ad esempio, quelle che possono portare alla esclusione
di un soggetto gia’ socio.
Si pensi, ad esempio, al caso di un socio litigioso che fomenti discordia e malcontento tra gli altri soci oppure che abbia agito in aperta opposizione agli interessi della associazione stessa, danneggiandola. Qualora tali comportamenti (divisivi) si fossero già manifestati ancor prima di far parte ufficiale (come accade con un periodo di prova bonaria preventiva) , tali atteggiamenti anti associativi ben possono essere presi quali giuste motivazioni poste alla base di un provvedimento di rigetto.
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Notaio Giuseppe Minniti.