Chi di noi avrebbe mai potuto immaginare che un potente produttore cinematografico pretendesse dalle sue attrici favori sessuali per concedere loro ruoli importanti nei suoi film?! Fanno bene tutte le testate giornalistiche del pianeta a riportare la notizia con perizia certosina, perché tutto il mondo deve apprendere ciò che non era neanche immaginabile. Inoltre credo sia opportuno che tutti noi, da nord a sud, facciamo quadrato attorno alla preziosa moralità italiana, riconosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Il rischio è che il cattivo maestro americano possa fare proseliti in Italia; certo, è una possibilità ben più che remota, ma è sempre meglio usare la prudenza. In noi non alberga di certo il germe del favoritismo, e non solo nel cinema ma anche nella politica, nel sindacato, nelle scuole, nelle aziende, persino nella chiesa. Noi italiani non riusciamo proprio a comprendere che gusto si possa provare a raggiungere un tornaconto personale sfruttando una posizione di potere.
Per via di questi accadimenti negli USA, i dibattiti televisivi degli ultimi giorni sono particolarmente frequentati dai nostri politici, dai tuttologi dal pensiero adamantino, dai conduttori dei talk show del primo pomeriggio che si indignano, anzi fanno a gara a chi si indigna di più. Immaginiamo di quale sommossa popolare sarebbe protagonista il coeso popolo italiano se si sapesse – sia chiaro, è una ridicola baggianata, scelta proprio per evidenziare il paradosso – che un capo del governo italiano abbia chiesto gentilezze sessuali a giovani ed inesperte fanciulle in cambio di designazioni a ruoli di potere presso quel ministero o quell’altro, oppure che il piccolo assessore circuisca una giovane imprenditrice in attesa della definizione di una pratica giacente da anni. Ma facciamo esempi ancora più irrazionali che si spingono ulteriormente verso l’impalpabile fantascientifico; poniamo, per assurdo, che i disabili abitanti in un dato territorio (diciamo il nostro, quello siracusano, proprio per estremizzare l’esempio) non possano più usufruire del servizio di trasporto a loro dedicato perché il presidente della regione non è stato capace di rendere disponibili i relativi fondi, e ipotizziamo che per lo stesso motivo le scuole siano in condizioni che non garantiscono l’incolumità degli studenti, così come le strade di quella provincia rappresentino un costante pericolo per gli automobilisti, e così via. Se si verificasse anche una sola di queste cose, di certo gli abitanti di quel territorio protesterebbero vibratamente, lasciando persino intendere che potrebbero addirittura cominciare a pensare di essere propensi a partecipare ad un corteo in cui, per almeno un paio di volte a testa, ciascun partecipante alla manifestazione possa pronunciare a bassa voce l’anatema: “Il presidente della regione è un bricconcello”, facendo in tal modo tremare di paura quel politico e tutti i suoi sodali.
I francesi hanno dato vita a proteste volgarmente plateali, come quella di afferrare il dirigente di un’azienda che non aveva rispettato gli impegni con i lavoratori e scaraventarlo nel cassonetto dei rifiuti. Noi non potremmo mai essere così prosaicamente materiali, le nostre forme di protesta sarebbero ben più sobrie ma altrettanto decise ed intelligenti. Per esempio: mettere in giro la voce che quel presidente della regione ha la forfora, che uno dei suoi assessori guarda sempre la De Filippi e che un altro possiede la discografia completa dei Cugini di campagna; roba da far tremare i polsi a Van Damme, figuriamoci ad un inerme politico. Noi siciliani non abbiamo paura del potere, non cediamo alle tentazioni del piatto di ceci o alla sempreverde promessa di un posto di lavoro, da noi i ruoli di comando non sono così ambiti come negli USA perché qui la politica non si utilizza per fini personali. Anche per questo è risultato parecchio difficoltoso reperire candidati disponibili per le elezioni regionali in Sicilia, ma un altro motivo è certamente legato alla pressione alla quale sarebbero drammaticamente sottoposti gli eletti, perché non è bello sentirsi al centro di una plateale manifestazione durante la quale ti sussurrano che sei un bricconcello.