UNO SPARO NEL BUIO

NUOVO ARTICOLO di BRUNO FORMOSA

formosa

Non mi capita spesso di imbattermi in insulsi post gallinacei e/o asinini, quei post del tipo “…avevo stima per gli uomini…..poi ho conosciuto te…. sei uno schifoso…….ma il Signore vede e provvede……..” (i puntini di sospensione a màtula fanno parte del post, riportato fedelmente). La chiamata in causa dell’Altissimo serve ad imprimere forza al monito che, in questo modo, prende le sembianze di una inevitabile maledizione biblicaIl torto subìto non potrà essere estinto con una semplice ammenda da parte del reo non citato, costui, piuttosto, dovrà sottoporsi ad un’ordalia il cui esito è già scritto. Ebbi la sfrontatezza di rispondere a quel post con un commento dal taglio scherzoso, corredato di sorridente faccina d’ordinanza: “Scusa, ma perché non vi telefonate?” Fu a quel punto che le maledizioni cambiarono destinatario, assumendo le fattezze di una livorosa filippica contro chi “non si fa gli affari suoi”. Fu alla mia risposta “Ma se non vuoi che gli altri  si facciano i fatti tuoi, perché mai scegli di renderli noti ?” che prese forma l’imponderabile: messo alla berlina, accusato di essere un impiccione, cancellato e poi bloccato. Un’onta che non riuscii facilmente a superare, ricordo. Ci vollero un paio d’anni di analisi. Logica.
Ma veniamo all’incipit: questo famigerato, bizantino codice etico di Facebook che non ho mai avuto la ventura di leggere (forse per la mia incapacità di affrontare il ginepraio di menu, sottomenu, sottosottomenu…) e che viene sbandierato a guisa di indiscutibile strumento sanzionatorio contro il quale non è previsto ricorso. “Gentile utente, il tuo post è stato cancellato perché ritenuto incompatibile con il nostro codice etico, bla, bla,bla…” oppure  “Il post segnalato non contravviene al nostro codice etico, bla, bla, bla…” Avrò prodotto almeno una decina di segnalazioni ricevendo sempre la stessa risposta: “Il post segnalato non contravviene al nostro codice etico, bla, bla, bla…”

Una pagina di neonazisti che inneggiano alla violenza nei confronti dei “non ariani”.

  1. Il profilo di un sedicente fascista che pubblica la foto di suo figlio undicenne che tiene in mano un fucile e che spara colpi veri all’indirizzo di una gigantografia di Stalin.
  2. Una pagina di acefali cacciatori che mostrano gongolanti foto di uccelli microscopici massacrati da colpi di mitra(!); di quei poveri uccelli era rimasto ben poco.
  3. La foto, rivelatasi poi un fake, di due giovani che impiccano un povero cagnolino.
  4.  La pagina “Onore al duce e morte ai negri”.
  5. Il profilo di un prelato che, velatamente, giustifica l’attrazione sessuale verso i bambini ma che attacca e condanna perentoriamente chi non assiste alle sue messe.
  6. Un primo piano di Sgarbi.

Vabbè, a parte il primo piano di Sgarbi che non compare sul Codice di procedura penale, il resto contravviene alla legge italiana, ma soprattutto veicola la cultura dell’odio, della morte, del razzismo, del fanatismo, eppure la cosa lascia del tutto indifferenti i potenti gestori di Facebook e la loro eletta mannaia. Chi posta questo odioso messaggio assolutorio che compare sul mio monitor, quali princìpi applica? E’ una persona in carne ed ossa oppure un algoritmo settato che interviene automaticamente? Ed in questo caso chi ha implementato questo algoritmo, quali criteri ha adottato?

Un giorno i ruoli si sono invertiti; un mio post, la pubblicazione di una fotografia che citava uno dei musicisti che amo di più e che formulava a suo modo i suoi auguri di buon Natale, ha messo in moto la macchina della parenetica punizione. La foto, la vedete, è di una fanciulla a seno nudo che schiaccia l’occhio ai fans del ministro del Funk. L’immagine fu pubblicata nel 1968 all’interno di un LP di James Brown; all’epoca causò qualche polemica da parte della chiesa episcopale americana più oltranzista, ma l’eco prodotta fu stemperata da una fulminante battuta di Mr. Dynamite: “A questi preti basterà non aprire l’album fra una messa e l’altra, ma se ascoltano la musica le loro messe saranno più funky!”
Questo accadeva nella seconda metà degli anni 60. Nella seconda metà degli anni 010 la foto è stata censurata da Facebook e rimossa dal mio profilo perché “contravviene al nostro codice etico e potrebbe urtare la moralità di famiglie e bambini, bla, bla, bla…”
Decido di documentarmi circa queste misteriose regole che stabiliscono se un post è lecito o meno e scopro che Facebook le ha tenute segrete, e se l’ha fatto è solo per evitare che “una volta apprese, i soliti furbi trovino il modo di aggirarle”. Un colpo da maestro, una furbata degna del miglior mestierante della politica italiana. Un triste giorno Zuckerberg scopre che due giornalisti tedeschi, Till Krause e Hannes Grassegger, hanno pubblicato il vademecum che determina l’eliminazione di un post e la permanenza di un altro. I due ficcanaso mangiacrauti sono entrati rocambolescamente in possesso di documenti riservati che illustrano questi singolari metri di giudizio. Niente algoritmi, niente automatismi, semplicemente una miriade di moderatori che si attengono scrupolosamente al prontuario della filosofia di Zuckerberg e di sua moglie Priscilla.

  • Religione: sono protetti gli appartenenti ai gruppi religiosi, ma non le religioni.
  • Orientamenti sessuali: devono essere eliminati tutti i post discriminanti e che incoraggiano all’odio verso gli omosessuali.
  • Sociale: i post che contengono ingiurie, toni sprezzanti, violenti e minacciosi verso categorie protette in base a razza, etnia, religione, provenienza nazionale, identità di genere devono essere cancellati. Fare una graduatoria delle persone sulla base dell’aspetto fisico o dei tratti di personalità è considerato bullismo e quindi non è permesso. Atteggiamenti “autolesionistici” come i tatuaggi e il piercing estremo possono essere pubblicati soltanto se chi li posta non incoraggia gli altri a seguirne l’esempio.
  • Nazionalismo: si può parlare male di Germania, Italia, Francia, etc… ma non di tedeschi, italiani e francesi.
  • Politica: si può parlar male dei singoli politici e dei partiti ma non delle Costituzioni e delle più importanti cariche istituzionali.
  • Costume: un personaggio pubblico con più di 100 mila contatti, se va in televisione, se fa dichiarazioni pubbliche o se è stato menzionato nelle cronache più di cinque volte negli ultimi due anni, è considerato famoso, e come tale può essere oggetto di irrisione e critiche anche pesanti.
  • Ricapitoliamo: io non posso scrivere che Brunetta è basso, a meno che l’ex ministro berlusconiano non sia più volte andato in televisione; non posso scrivere che i Testimoni di Geova sono fuori dal tempo ma posso affermare che la loro religione lo sia; non posso scrivere “sporco negro” perché verrebbe considerata un’ingiuria verso una categoria etnica protetta (mi sembra più che giusto, ma perché se lo vedo scritto in qualche post e lo segnalo mi si risponde che la cosa non è in contrasto con il codice etico?); posso dire che la Francia è un po’ snob, ma non che lo sono i francesi; posso scrivere che l’Inghilterra non è fra le nazioni maggiormente dedite all’igiene personale, ma non che gli inglesi non si lavano; non posso scrivere male della Costituzione italiana, eppure ho letto decine di post che lo facevano.
    Io una spiegazione ce l’ho: i due giornalisti tedeschi hanno distrattamente omesso che le regole vengono applicate a giorni alterni. Il lunedì è la giornata contro il razzismo, ma il martedi si può dare libero sfogo all’odio verso gli extracomunitari che vendendo i fazzolettini al semaforo rubano il lavoro agli italiani. Il mercoledi è la giornata contro la discriminazione sessuale e quindi sarebbe gradito postare Checco Zalone che canta “gli uomini sessuali sono gente tali e quali come noi, noi normali”, ma il giorno dopo ci si può sfogare contro Aldo Busi e Tiziano Ferro; però – ATTENZIONE – se ultimamente Tiziano Ferro è stato spesso in Tv, lo si potrà canzonare anche di mercoledi.
    A questo punto ho riflettuto a lungo e poi, finalmente, l’illuminazione: ho pubblicato le tettine dell’amica di James Brown nel giorno sbagliato.

    Bruno Formosa