La crisi del Partito democratico in provincia di Siracusa continua a trascinarsi senza lasciar intravedere al momento una possibile via d’uscita.
Di seguito l’analisi di Salvo Baio, dirigente storico del partito:
“Come molti compagni e amici, assisto con rabbia ed impotenza al disfacimento del Partito democratico e non vedo avanzare un’idea ragionevole che metta fine al muro contro muro tra le fazioni interne. In queste condizioni rischiamo l’esaurimento del nostro ruolo politico e la nostra marginalizzazione, a partire dalle prossime elezioni amministrative di Lentini, Pachino, Noto, Sortino.
A Pachino il gruppo dirigente del Pd è dimissionario, non ha un proprio candidato a sindaco e, ad oggi, non sa neanche come affrontare le elezioni. A Sortino quel poco di Pd che è rimasto non sa se mimetizzarsi nella lista del sindaco uscente o dar vita ad una aggregazione trasversale del “tutti contro Parlato”. A Lentini il Pd è alleato con una lista di destra che esprime il candidato sindaco. A Noto, abbiamo un ottimo candidato, che viene dalla nostra tradizione, ma pare che alcuni dirigenti provinciali di “rango” del Pd sostengano candidati di liste alternative e concorrenti con quella sostenuta dal Pd. Non ci facciamo mancare niente. A Siracusa, nonostante la giunta Italia stia collezionando una figuraccia dopo l’altra su temi non secondari, il Pd non apre bocca e si è rassegnato a svolgere un avvilente ruolo di gregario, lasciando nell’ambiguità il rapporto con l’amministrazione comunale.All”Ias si è creata una situazione di inaudita illegalità, ma il Pd chiude gli occhi e ammaina le proprie bandiere identitarie.
Da una parte e dall’altra abbiamo inondato le redazioni dei giornali per spiegare le ragioni della crisi del nostro partito, ma più che chiarire abbiamo disorientato gli iscritti e gli elettori, i quali non comprendono la vera natura politica dello scontro tra la maggioranza e la minoranza. Chi di noi non fa fatica a dare una motivazione persuasiva ai tanti perché.
Stiamo distruggendo il Pd. Possibile che non ci rendiamo conto del dissolvimento di una comunità che ormai parla lingue diverse, ha obiettivi divergenti, conflitti privi di idealità e di passione politica? Ben altre erano le aspettative di rinnovamento nate nel congresso dello scorso anno. Al punto in cui siamo, più che le colpe e le responsabilità, vanno ricercate (e trovate) soluzioni idonee e condivise per far uscire il partito dall’immobilismo. Questo compito spetta al segretario regionale Barbagallo d’intesa con la segreteria nazionale. Se la ricerca di un accordo ragionevole avrà esito positivo, ci si sieda intorno ad un tavolo e si ricompatti responsabilmente il partito. Altrimenti si restituisca la parola agli iscritti.
Ciò che non possiamo fare è tenere per altro tempo ancora il partito a mezz’aria, ostaggio dei giochi di chi vi si è iscritto non per scelta ideale ma per calcolo opportunistico. Per alcuni il Pd è stato il tram chiamato desiderio sul quale salire solo per ambizioni elettorali o di potere. Ma per molti, per fortuna, è ancora ciò che resta della speranza di ricostruire il centrosinistra”.